“Quello di Antares non è un caso isolato. A pochi metri di distanza un ristorante attende clienti per pranzo; i tavoli sono tutti vuoti, i camerieri immobili a fissare la strada. C’è una Milano che tira dritto e un’altra che, forse, è costretta a guardare tutti i giorni in faccia alla realtà.
Perchè se da un lato si finiscono progetti partoriti pre pandemia, dall’altro lato il covid ha cambiato tante abitudini definitivamente. C’è un elenco quasi sterminato di multinazionali con sede in città che hanno inserito il telelavoro nelle agende settimanali di dipendenti e collaboratori. Non “fino alla fine dell’emergenza”: per sempre”.
Ieri il quotidiano on line Milano Today ha pubblicato un amaro resoconto della crisi strisciante (in atto da settimane, a partire dal pre Natale e Capodanno costellati di rinunce e cancellazioni causa Covid) che attanaglia un settore nevralgico, qual è quello di bar e ristoranti.
Una fotografia impietosa che tutti coloro i quali frequentano Milano per lavoro vedono davanti ai propri occhi. Situazione acuita dalla crisi del turismo (54% in meno nel 2021, nelle città d’arte o in realtà come Milano a causa dell’emorragia di stranieri) e da quella di Malpensa (dove a gennaio 2022 si viaggia a 50% rispetto all’epoca pre Covid).
Il problema, ovviamente, non riguarda solo Milano, ma anche Magenta, Abbiategrasso e l’est Ticino.
Non entreremo in dettagli, limitandoci a sottolineare quanto sta emergendo in questi giorni di colloquio con titolari di bar, ristoranti e locali pubblici.
La lunga odissea è cominciata prima di Natale, con un preoccupante e marcato calo di prenotazioni delle cene di festa e addirittura cancellazioni dei pranzi del 25 dicembre o della cena di Capodanno.
Finito l’anno, è arrivato gennaio, un gennaio gelido per la prenotazioni e la frequentazione dei locali.
In questo caso le situazioni sono ovviamente diversificate: c’è chi ha appena riaperto dopo quasi 1 mese di chiusura (più o meno forzata); c’è chi ha ridotto i giorni di apertura, da 6 a 4 giorni o persino al solo fine settimana. Ci sono baristi che ci hanno confidato il cambiamento radicale delle modalità di affluenza, con serate passate dietro banconi a fare poco o nulla. Si registrano cali drastici del numero di colazioni, variazioni drastiche a pranzo, meno aperitivi, meno persone che escono a cena (soprattutto dal lunedì al giovedì o anche il venerdì, concentrando il lavoro unicamente nel week end: cosa che ovviamente non può bastare, per un locale).
Ovviamente tutto ciò si aggiunge al rialzo stellare dei costi delle materie prime e di quelli energetici. Certo, per fortuna da giorni è in atto una forte riduzione dei contagi (e quindi delle quarantene), ma la sensazione è quella di essere ancora dentro l’emergenza.
Come rimediare? Difficile che piccole realtà locali o cittadine possano arginare un fenomeno che ha dimensioni macroscopiche. Però nel nostro piccolo possiamo aiutare, sostenere, supportare le attività come bar e ristoranti concedendoci una colazione in più, un pranzo di lavoro, una cena (magari infrasettimanale): la ristorazione, la somministrazione al pubblico e i bar sono un bene prezioso, che va ben oltre il valore materiale o puramente economico.
Pensate a che vita (triste) sarebbe, quella con le insegne e le luci dei locali che si spengono..
F.P.