"Già da un po’ di tempo mi trovo di fronte solo a tappe a dente di sega: salite in doppia cifra, una dietro l’altra con i muscoli che gridano, con i polmoni sottoposti a sforzi da tregenda".
Anche stavolta, parlare di Carlo Calcagni, è impresa che rasente l’impossibile.
Quando il colonnello si racconta ti prende un groppo in gola, ti senti nessuno, ti ridipinge la vita, puoi solo tentare di tradurre con una misera tastiera un uomo che sta vivendo due volte in modo impensabile, complesso, terribilmente umano.
La sua storia si potrebbe racchiudere in poche parole: l’amore per il suo Paese, uno Stato da servire, la carriera prima da paracadutista poi da pilota militare, le missioni di pace all’estro fino alla indicibile esperienza in Bosnia Erzegovina per la guerra dei Balcani dove , il contatto continuativo con l’uranio impoverito, attacca il suo corso provocandogli una malattia degenerativa e incurabile che lo costringe (da ben 21 anni con qualcosa come 24 patologie diverse!) al ventilatore polmonare e gli cambia totalmente una vita già contrassegnata dal coraggio assolutamente fuori del comune, dalla comprensione fino in fondo dei suoi valori, dalla volontà di trasmettere a chi incontra la sua forza d’animo incommensurabile, continua, radicata.
“Ogni volta che vedo un’alba la mia vita riacquisisce un senso, una dimensione, una serie infinita di valori”, sono le sue parole, è il suo motto per far capire, soprattutto alle giovani generazioni, i tanti perché che la rendono vivibile, che le fanno assumere i suoi veri valori, i suoi significati reconditi.
Il colonnello era arrivato tramite Pietro Giorgis al quale va il nostro ringraziamento, lo aveva introdotto Raffaella Pollini oltre al sindaco di Vigevano Andrea Ceffa, ma la vera valanga è lui.
“Ciascuno ha un dovere da compiere, anche senza uniforme, la vita potrebbe riassumersi in poche direttrici: educarsi, condividere, accettare il diverso, essere consapevoli dei propri limiti oltre a non mollare mai!”
Ma Carlo Calcagni è anche ed ancora un atleta con la a maiuscola. In bici è un vero siluro lanciato fra monti e valli a sfidare a singolar tenzone schiere di normodotati, a stabilire record, ad arrivare quando gli altri ancora pedalano lontani.
E poi c’è una famiglia che è immensamente fiera di lui, che lo aspetta dalle sue nuove missioni, nei suoi incontri sparsi nel Paese fra gente di ogni età e condizione, per fare insieme, per ritrovare il senso dell’esistenza.
Ieri era qui, fra noi, prima in una conferenza aperta al pubblico nella scia del progetto “IL Rotary per la città” che vedrà altri interessanti eventi nel prossimo futuro, poi a tavola con chi non aveva potuto assaporare il suo racconto in diretta, forte, emozionante, spesso scioccante, con uno Stato che latita, con una battaglia che non finisce mai.
Ieri sera abbiamo accresciuto la nostra ricchezza, non quella banale dei numeri, ma quella del cuore e di quanto circola intorno. Sono occasioni uniche, sono episodi da rinnovare per tenere alta la nostra attenzione e la nostra sensibilità ai valori per i quali siamo qui e tentiamo almeno di galleggiare fra le cattiverie del mondo e dei popoli che ne calcano il palcoscenico.
Un grazie a quelli che si sono dati da fare per mettere in piedi l’evento. Un grazie grande come una casa a Carlo Calcagni, soldato, patriota, padre, uomo.