Cronaca - 11 ottobre 2024, 12:25

Dal Libano a Magenta in fuga dai bombardamenti: l’abbraccio alla moglie e alle due figlie, è la fine di un incubo

Una storia a lieto fine, ma il pensiero va all'assurdità della guerra. L'amore di una famiglia per il proprio paese nelle loro parole

Giorni di angoscia, giorni durante i quali affioravano i pensieri peggiori. Fino a venerdì scorso quando all’aeroporto della Malpensa è atterrato l’aereo proveniente dall’aeroporto di Beirut con sua moglie e le sue due figlie. Per Fady è stata la fine di un incubo, E’ riuscito a riabbracciarle prima in aeroporto in Italia e poi nella sua Magenta dove sono ospiti del fratello. Perché Fady si considera magentino a tutti gli effetti. Arrivò in Italia nel 1993 per studiare al Politecnico di Milano dove si è laureato in Ingegneria. Nel suo lavoro ha viaggiato parecchio, ha visto una settantina di paesi di tutti i continenti e ha visto anche la guerra perché è nato nel 1975 quando in Libano si veniva svegliati nel cuore della notte dai bombardamenti. «Speravo che le mie figlie non dovessero mai sentire il rumore assordante della morte, invece hanno visto anche loro cosa vuol dire la guerra – commenta Fady – ricordo che quando arrivai in Italia nel ‘93 il primo giorno che mi svegliai era tutto così tranquillo che mi chiesi se fosse vero. Arrivavo da una realtà molto diversa». Mentre era in Italia per lavoro la moglie Sohad Costantine Aziz è tornata in Libano con le due bambine e Fady è rimasto a Magenta.

«Quando ho sentito che Israele stava bombardando il mio paese sono crollato – ricorda – in un solo giorno più di 500 morti. Ho cercato di farli rientrare immediatamente, ma il primo biglietto che ho trovato prevedeva la partenza da Beirut per Malpensa alle 7 del mattino del 4 ottobre». Sono passati giorni terribili. I bombardamenti erano spietati e sono arrivati perfino a soli 200 metri dalla sua casa, nel distretto di Sidone, sud del Libano. «Alcuni amici hanno aiutato mia moglie a trasferirsi più a nord, verso Beirut – aggiunge – e dopo due giorni hanno bombardato anche Beirut». Fady prega tutti i giorni. La via per andare in aeroporto è costantemente sotto bombardamento israeliano. E’ un rischio passarci, ma non c’è alternativa. Sohad e le due bambine ce la fanno. L’aereo parte e arriva alla Malpensa dove ad aspettarle c’è Fady. L’incubo è finito, adesso sono al sicuro a Magenta.

«La mia speranza? Che al linguaggio dei missili si sostituisca quello della ragione – conclude – Appena finirà questa guerra assurda torneremo in Libano, voglio che le mie figlie crescano con l’amore per la loro terra. A farne le spese è solo la povera gente. Viaggiando ho imparato una cosa, che siamo tutti uguali. Come esiste un Fady libanese che ama la propria famiglia e vuole vivere in pace così esisterà un Fady israeliano che vuole soltanto la pace e ama la sua famiglia».