Era l’estate del 1982. Chi scrive non aveva ancora compiuto 8 anni, ma come molti di quella generazione deve a Paolo Rossi, Zio Bergomi, Marco Tardelli, Gentile, Spillo Altobelli, il mitico Dino Zoff, il vero e autentico innamoramento con Dea Eupalla, come l’amava chiamare il grande Gianni Brera fu Carlo.
Di quello squadrone entrato nella leggenda senz’altro Paolo Rossi, per tutti Pablito, fu l’emblema di quel mitico Mundial di Spagna.
Oggi sono esattamente quattro anni – il 9 Dicembre del 2020 – che Paolo Rossi se ne è andato. Un brutto male se l’è portato via. Non è l’unico purtroppo dei nostri Eroi. In tanti ci hanno lasciato in questi anni. Forse troppi sono andati avanti troppo presto.
Quasi come fosse uno strano contrappasso rispetto alla fama e alla gloria di chi ha calcato il terreno verde a così alti livelli.
Ma il caso di Paolo, lasciatecelo raccontare è diverso. Molto diverso. Noi ragazzi degli anni Settanta dobbiamo molto a Lui e a quelli come Lui. Perché certi ricordi te li tieni stretti. Sono lì come un’istantanea pulita pulita che non si cancella mai. Il flash di una Polaroid – tanto per rimanere dentro quell’epoca meravigliosa – senza tempo.
I goal all’Argentina, la tripletta al Brasile di Zico, Junior e Socrates… la doppietta alla Polonia, l’immensa finale contro gli avversari di sempre , i ‘mangia patate’ (ovviamente senza offesa) della Germania Ovest (esisteva ancora più che mai il Muro…) che ancora una volta s’inchinano agli Azzurri. E poi la grande festa per il terzo titolo mondiale. Paolo Rossi icona di un’Italia che non c’è più. Di un’Italia in cui davvero tutti ce la potevano fare.
Sì, anche lui ragazzo esploso nella Lanerossi Vicenza, poi, colpito (o meglio lambito) dagli ‘anni neri’ del nostro pallone con il calcio scommesse e poi rialzatosi fino alla suprema e imperitura gloria.
Paolo è stato tutto questo. Metafora dell’Italia del riscatto. Di quella che ti dava sempre una possibilità di rivincita. Questo del resto hanno rappresentato gli anni Ottanta in un Paese che cresceva, dove esisteva l’ascensore sociale e dove tutti, tutto sommato, stavano bene.
Oggi ricordiamo “Pablito” perché quel nome magico che evoca fantasie ci riporta a quell’album delle figurine custodito gelosamente e riempito fino alla fine con tutti gli eroi di quel Mundial, a quel poster degli Azzurri, che non poteva mancare nella cameretta di un ragazzino di quegli anni, accanto a quello della propria squadra del cuore.
Un eroe silenzioso che molto ci ha lasciato. Per lui e per noi quegli anni d’oro è come se fossero ieri….
Lui da vero bomber di razza che segnava gol pesanti in una sola estate ha saputo entrare per sempre nel cuore di milioni d’Italiani. Grazie Pablito.
F.V. TicinoNotizie