Tra qualche ora Lorenzo Musetti, il Magnifico, si giocherà (ore 15.30 circa, diretta su Sky Sport) contro la sua bestia nera Tsitsipas, che non ha mai battuto in cinque confronti diretti dei quali quattro proprio sulla terra battuta, l’approdo alla semifinale del torneo di Montecarlo. Sarebbe la seconda volta in carriera dopo il 2023 quando a sbarrare la sua strada fu l’amico Jannik Sinner.
Torneo, per lui, fin qui a due facce. Perché, se per due turni ha dovuto faticare oltremodo per venire a capo di avversari decisamente alla sua portata rischiando pure di lasciarci le penne soprattutto con il ceco Lehecka, negli ottavi ha concesso solo le briciole ad un Berrettini che era apparso in buona condizione nei giorni precedenti e che, invece, ieri non è mai riuscito ad entrare in partita.
Nella peggiore delle ipotesi, Lorenzo,il prossimo lunedì, sarà il numero quattordici del ranking mondiale col paradosso di veder far passare sottotraccia un risultato oggettivamente eccezionale. Drogati, così come sono i fruitori del tennis attuale, dal famigerato effetto Sinner, in ragione del quale un quarto di finale in un Masters 1000 ha smesso di essere, anche per i sedicenti addetti ai lavori, un traguardo degno di menzione. Memoria corta, perché, al contrario, sarebbe il caso di ricordare che fino a pochissimo tempo fa per trovare un italiano nelle fasi finali dei tornei più prestigiosi occorreva un mezzo miracolo e l’impresa veniva giustamente tributata dagli aficionados, pochi, come tale. Anni di vacche magre nelle quali a vincere erano sempre e soltanto gli altri e ci si aggrappava, dal ritiro del divino Panatta in poi, alla robotica meticolosità operaia dei vari Gaudenzi e Furlan o alla genialità estemporanea di Cané e Camporese.
Ma anche alla follia di Fognini. Uno che, intanto, a tennis ci sapeva giocare meglio degli attuali e più vincenti connazionali e che ha avuto la sfortuna di vivere i suoi anni migliori insieme ai vari Federer, Djokovic e Nadal. Mica con Zverev, Medvedev e Fritz. E, appunto, i trofei li sollevavano sempre gli avversari. Oggi, sempre per la memoria corta di cui sopra – unita alla malaugurata calcistizzazione del tifo, tipica di quando un campione straordinario richiama l’attenzione di gente che non conosce nulla di una determinata disciplina che assurge a nazionalpopolare dall’oggi al domani – che Musetti timbri un quarto di finale di prestigio è salutato come routine, un atto quasi dovuto. Cambiamo i tempi. Lorenzo che, sebbene abbia dichiarato di aver disputato contro Berrettini la sua miglior partita della stagione, ha nelle corde un tennis ancora migliore, quello che gli servirà per rompere il tabù Tsitsipas che, come detto, lo ha sempre fatto fuori anche se spesso al termine di confronti piuttosto equilibrati.
Musetti, non serve ribadirlo, oggi è per distacco il giocatore più talentuoso in casa Italia. Un aspetto che, se non significa ovviamente essere il più vincente perché nella conta dei trofei Sinner è decisamente più efficace, fa lo stesso di lui una benedizione epocale. Senza dimenticare che si tratta di uno che lunedì rischia di essere ad un passo dalla Top Ten, sempre a proposito di eccellenza non adeguatamente riconosciuta. Talento, quindi, nell’accezione tommasiana per la quale talento, appunto, significa la capacità di svolgere con semplicità azioni che risultano proibitive per gli altri. Nel perimetro di questa definizione, Lorenzo, allo stato attuale e purtroppo poco entusiasmante del tennis, è da collocare tra i primissimi in quanto a qualità, varietà e fantasia. E se il tennis dei bazooka e dei campi omologati non è tipicamente il contenitore più adatto a chi gioca perennemente in bilico sul cornicione come fa lui, una partita di Musetti è ciò che, al di là dello score, riconcilia con il gioco meraviglioso che fu di Tilden, di Laver e di McEnroe, di Sampras.
All’uopo, il match di ieri contro il sempre ammirevole Matteo è stato pedagogico, tanto può essere ampio il gap di qualità tra due tennisti di fascia altissima. Dove la differenza di soluzioni per le mani dei protagonisti può risultare a tratti demoralizzante. Anche se, alla fine, nel novanta per cento dei casi succede che la poliedricità tennistica sia un inghippo e, al contrario, l’attitudine sparagnina e routinaria un plus. Applicazione alla disciplina del diavolo del granitico principio pallonaro in virtù del quale gli attacchi fanno vendere i biglietti ma sono le difese a far alzare le coppe. Questo tennis – per la verità lo è già da un po’- dove attrezzi democratici consentono manualità rivedibili e la forza psicofisica si fa sempre preferire in quanto a utilità alla tecnica di base, non ha le stimmate adatte per agevolare i Musetti del mondo ma, lo stesso, sono i Musetti del mondo che rendono giustizia ad un gioco che si sta dimentica sovente di essere geneticamente bellissimo.
Tornando al match di oggi, anche il greco è annoverabile tra coloro che alla pallina danno del tu. Prototipo del giocatore talentuoso in chiave moderna, Tsitsipas ha probabilmente raccolto meno di quanto ci si sarebbe potuto aspettare. Bello da vedere, rovescio ad una mano che con i tempi che corrono è già un evento, competenza in tutti i settori del gioco, buonissima mano che può essere ferro e può essere piuma. Insomma, uno per il quale può valere la pena di incollarsi qualche ora alla televisione. Sesta testa di serie qui nel Principato, ha sofferto all’esordio contro Thompson, onesto mestierante, per poi fare la voce grossa contro Borges, esibendo una buona condizione. Se Musetti non dovesse incappare in una di quelle giornate nelle quali il dialogo testa-braccio è difficoltoso, è lecito attendersi un match divertente, dove per i bookmakers, più bravi di noi a fare previsioni, ad essere favorito e Stefanos ma non di molto.
Lorenzo, che avrà dalla sua gran parte del pubblico (quasi) di casa, ha, pertanto, la chance di tornare in semifinale a due anni di distanza con la prospettiva di un successivo match alla sua portata contro il vincente della sfida tra l’eterno Dimitrov e De Minaur. Sognando un po’, ciò prima dell’ultimo atto, magari contro Alcaraz, in quello che sarebbe l’incrocio a maggiore quantità di talento sul pianeta tennis.
Appuntamento, quindi, a questo pomeriggio dove, con buona pace dei sinnerologi dell’ultima ora, per il tennis azzurro passerà dal Club che fu tanto caro a Gianni Clerici – che per Musetti avrebbe nutrito un amore viscerale – un treno importante. Da inguaribili romantici del gioco che fu pallacorda, a Lorenzo il Magnifico chiediamo soltanto di fare ciò che gli riesce meglio: pennellare tennis. A Muso duro.