Nessuno ha voglia di parlare nel quartiere Aler di via Fusè ad Abbiategrasso. Sono pochi gli italiani rimasti e si guardano bene dall’esporsi. Giuseppe Serra, consigliere comunale è andato sul posto nel pomeriggio di ieri quando la scena del crimine era transennata dai reparti della scientifica. E’ una situazione che conosce bene quella del degrado che regna da anni nel complesso popolare dove le liti e gli atti di violenza si ripetono a ritmo allarmante. Rifiuti, droga, appartamenti occupati abusivamente. E’ in questo contesto che è maturato il delitto della notte del venerdì santo. Nei cortili i rifiuti giacciono da tempo, nonostante le sollecitazioni affinché qualcuno intervenisse.
«Gli italiani sono silenziosi e impauriti – ha commentato Serra – una donna mi ha detto che le è sembrato di aver sentito urlare, ma non si è affacciata a guardare perché potrebbe succedere di tutto. Capita spesso di sentire urlare in questo quartiere. Era una donna italiana, una delle poche rimaste in un quartiere abitato da tantissimi nordafricani». A cavallo tra l’ultimo giorno dell’anno e il primo tutti ricordano l’aggressione ai vigili del fuoco in un altro quartiere popolare, quello della Folletta. La situazione è nota da tempo. Hanno fatto degli sgomberi per ripulire l’area dagli abusivi. Ma i problemi restano e sembra che aumentino sempre di più. «Il comune non può arrivare ovunque – continua Serra – è difficile mappare quella zona. Sicuramente ci saranno anche dei clandestini e chissà quanti abusivi». Mohamed Elsayed Elshankawy, 21 anni non era clandestino. Ma nessuno dice di conoscerlo, di averlo almeno visto in faccia. «Dovrei vederlo per poterlo dire – racconta un uomo – ma forse è meglio farsi i fatti propri. Questa è una zona pericolosa dove non esitano a farti del male». Ed è così che il quartiere Aler di via Fusè è diventato uno dei più pericolosi. Dove anche solo ad entrare diventa un rischio.
L’immagine è quella di un grande giardino che circonda i palazzi dell’edilizia popolare sorti per ospitare famiglie dal meridione anni fa e trasformatisi in ricettacolo di malavita nordafricana. «Vorremmo che si cominciasse ad intervenire su quello che può essere facilmente sistemato – aggiunge Serra – gli alberi hanno fronde basse e dovrebbero essere tagliati. Quando cala il buio questa è terra di nessuno, fanno quello che gli pare. Ed è così che lo spaccio prolifera. Si è proceduto a riqualificare l’illuminazione, ma i parchi periferici sono rimasti al buio. La cosa che si può fare nell’immediato è illuminare la zona. Almeno potrebbe servire per il lavoro delle forze dell’ordine».